Il 29 luglio 1900, Vittorio Emanuele III salì al trono del regno d’Italia ancora giovane, come conseguenza di un evento tragico e imprevedibile quale l’assassinio del padre Umberto I di Savoia, così le sue prime monete furono messe in cantiere con una certa urgenza, senza il tempo necessario per procedere a quelle innovazioni sostanziali sul piano estetico-figurativo che erano nelle sue intenzioni e che saranno realizzate nel secondo periodo del suo regno, dal 1908 al 1918.
Tuttavia, il giovane re volle lasciare fin da subito, almeno sulle monete d’oro e d’argento, una traccia della sua passione numismatica. Le fonti storiche tramandano infatti che l’incisore Filippo Speranza aveva allestito un modello nel quale il rovescio presentava lo stemma coronato, secondo la tradizione in uso fin da Carlo Alberto. Tale modello non fu però approvato dal re, che chiese la sostituzione con una splendida aquila coronata ad ali spiegate, caricata dello stemma di Savoia. Per questo motivo, non esistono monete di Vittorio Emanuele III datate al suo primo anno di regno.
Fin dall’età giovanile, Vittorio Emanuele III manifestò grande passione per la numismatica e in particolare per le monete di Casa Savoia. Prima di salire sul trono, egli fu tra l’altro presidente della Società Numismatica Italiana, la più prestigiosa Associazione Culturale del settore. Non a caso, volle sempre ricoprire un ruolo importante nelle decisioni relative alla monetazione anche sul piano estetico, aspetto che quasi sempre i sovrani lasciavano alla competenza e alla sensibilità delle autorità preposte. Per questo motivo, fu soprannominato “Re numismatico“.
La sua monetazione, che ancora una volta era lo specchio fedele degli avvenimenti politico-militari che caratterizzarono il suo regno, può essere sostanzialmente divisa in quattro periodi. I primi due rientravano ancora nelle regole dell’Unione Monetaria latina, mentre gli ultimi due risentivano della precaria situazione economica che caratterizzò il periodo fra le due guerre mondiali e possono essere considerati quasi totalmente espressione del regime fascista.
L’aquila dei Savoia spicca sul rovescio della moneta d’oro 100 lire Aquila Sabauda, emessa nel 1903 e nel 1905 dalla zecca di Roma. L’aquila è coronata e ad ali spiegate ad ali spiegate, con lo stemma del Casato sul petto. Sempre sul rovescio, compare la dicitura “Regno d’Italia”, separata dagli altri elementi della legenda da due nodi Savoia.
Come per la monetazione di Vittorio Emanuele II, sono stati spostati su questa faccia della medaglia il valore, il segno di zecca e la data, per la necessità di far spazio al lungo nome del sovrano. Sul diritto infatti il re è effigiato con testa nuda rivolta a sinistra e intorno compare il suo nome per esteso, oltre alla firma dell’incisore Speranza.
Uno degli emblemi che è stato maggiormente riprodotto su moneta è l’aquila. Spesso è del tipo “aquila dell’Impero“, se spiegata in nero, imbeccata, membrata, armata, diademata d’oro, linguata di rosso, sormontata dalla corona imperiale e raffigurata in campo d’oro.
Sono moltissime le monete di tutte le epoche con raffigurata un’aquila, a cominciare dall’Antica Roma, quando era l’insegna delle legioni romane e successivamente simbolo della sovranità. Associata a nuvole e fulmini, nell’Antica Grecia l’aquila era l’uccello sacro a Zeus. Con Carlo Magno, l’aquila divenne il simbolo del Sacro Romano Impero e guadagnò anche una seconda testa al momento della fusione tra l’Impero d’Oriente e l’Impero d’Occidente.
Infine, nell’ultimo secolo è l’aquila bicipite è stata raffigurata sulle monete della Russia degli zar o su quelle austriache degli Asburgo. L’aquila colorata di nero è stata il simbolo del supremo ordine del Regno di Prussia e successivamente del Terzo Reich. Spostandoci oltre oceano, rivediamo l’aquila nelle ricercate monete americane da 1 dollaro d’argento Silver Eagle e da 2 dollari d’oro Golden Eagle.
Sotto il Regno d’Italia, ritroviamo l’aquila nelle prime monete d’argento e d’oro di Vittori Emanuele III, nello specifico per i valori da 1 lira, 2 lire e 5 lire del 1901, per i 25 centesimi e le 20 lire del 1902, per le 100 lire del 1903. Ma non è una novità. Questa aquila ad ali spiegate riprendeva quella dei 4 zecchini dell’Annunciazione, emessi nel 1745 dal Regno di Sardegna, moneta che a sua volta traeva ispirazione da alcune monete emesse dai Savoia quando, tra il 1713 e il 1720, governavano sul Regno di Sicilia.
L’aquila tornò in epoca fascista, quando si trasformò in aquila legionaria, tornando ancora più indietro nel tempo ed ispirandosi all’Antica Roma. La troviamo nelle monete della serie Impero e i particolare nei valori da 1 lira e 2 lire e nel 50 lire d’oro. Qui è accompagnata da altri simboli di origine romana, come per esempio il fascio littorio, ampiamente utilizzati dalla propaganda del regime.